Pane carasau: il pane croccante e biscottato di Sardegna

Ci si sveglia alle cinque del mattino e una dopo l’altra arrivano le partecipanti ad uno dei riti più antichi di Sardegna, quello della panificazione. Lentamente il sole sorge, il fuoco riscalda e il pane lievita. Tutto il resto è arte.

Un tempo il pane carasau (vresa a Bono) lo si preparava principalmente con la farina d’orzo e pare che durasse molto più tempo, ma ancora oggi, seppur confezionato con la farina di grano, è in grado di durare anche parecchi mesi, a patto che non si divori prima.
Di meraviglioso c’è il fatto che questo pane, per essere preparato e cotto, richieda la collaborazione di almeno tre donne e che quando lo si prepara uno stuolo di bambini, ieri più affamati di oggi, gravitino intorno alle donne al lavoro. Io l’ho visto fare a Bono, e per me è stata una vera e propria sorpresa. Non solo il profumo di legna misto a quello di pane ti stordiscono, ma si ha la possibilità di assaggiare il pane vresa appena sfornato, molle e poi biscottato: e per quanto siano buoni quelli prodotti dai forni locali, fatto in casa e sul momento, come al solito è meglio!

Chi

Pane Carasau, Pane Carasadu, Pane Ine (Pane Modde o Lentu quando cotto una sola volta), Pane Vresa. Il termine carasau si riconduce all’atto del ‘aresare, carasare, ossia tagliare in due sfoglie il pane appena sfornato con l’uso di un apposito coltello.

Dove

In tutta la Sardegna centrale

Quando

Sa cotta per il carasau di grano era mensile per quello d’orzo addirittura semestrale. Sorprendente se si pensa che per i pani morbidi, cotti nel resto dell’isola, si praticava una cotta ‘e sa xida (settimanale).

Pane carasau: gli ingredienti

Non mi sono state date delle dosi precise: tutto viene fatto ad occhio e l’esperienza in questo caso la fa da padrona.

  • semola di grano duro
  • sa madriche (lievito madre)
  • acqua
  • sale

Come 

Il lievito madre devi “svegliarlo” la notte prima, con l’aggiunta di acqua tiepida e farina. Lascialo riposare per tutta la notte e di buon ora inizia con la lavorazione della semola, acqua e sale. Quando l’impasto è omogeneo aggiungi sa madriche e impasta, impasta, impasta. Lascia lievitare per qualche ora e trascorso il tempo tira le sfoglie, meglio se tonde meglio se piuttosto fini( 2mm circa). A questo punto vanno infornate rigorosamente nel forno a legna, caldissimo, e in pochissimi secondi la magia.

La sfoglia si fa tutta bolle prima, poi si gonfia tutta diventando una palla. L’infornatrice ha una grossa responsabilità. La deve infornare, far roteare, gonfiare, bucare, sgonfiare e sfornare. Sfornata la sfoglia di nuovo piatta questa va divisa in due parti con l’aiuto di un coltello, e le spianate vanno lasciate a riposare e freddare. A questo punto il pane è detto modde o lentu, e ti assicuro che è buonissimo. In pochi fortunati lo conoscono perché va necessariamente consumato in giornata, o quasi, ma è davvero delizioso. Il pane modde va infornato ancora una volta per renderlo biscottato e croccante. A questo punto il carasau è pronto da mangiare e da conservare.

Curiosità

Ecco come Giannetta Murru Corriga descrive la preparazione di questo pane:

“Sedute a terra e disposte a creare un circuito operativo circolare, le donne svolgono in questa fase della panificazione ruoli coordinati e gerarchizzati: sa cummenzadora, alla quale è affidata la prima messa in forma della pasta; s’accabadora, che modella più precisamente la spianata; s’inforradora, addetta alla cottura del pane, operazione più specializzata. Un’altra donna, infine, s’aressadora, completerà il lavoro ricavando da ciascuna spianata due sfoglie sottili (pizzas). Divisa in tocchi (accucada) e poi schiacciata, la pasta passa di mano in mano e di tavoletta in tavoletta (taggeri) sulla quale, con l’ausilio di un sottile matterello (canneddu), viene spianata sempre più sottilmente, fino a ricavarne la forma e la consistenza volute. Al calore della fiamma la spianata si gonfia, rapidamente, determinando la formazione di due sfoglie, internamente separate ma ancora unite nel bordo. Velocemente sfornata, e afflosciata, la spianata passa nelle mani di una quarta donna che ha il compito di pressare o fresare, separandone con un coltello le due facce lungo la circonferenza. Ultimata la cottura del pane, le sfoglie perfettamente freddate vengono rimesse al forno due alla volta, con la superficie concava rivolta verso l’alto, per una rapida biscottatura a calore moderato”.

Pani molto simili al carasau si ritrovano in Africa e in tutto il mediterraneo. Questo ci fa immaginare un passato di scambi piuttosto affascinanti che irreparabilmente ci hanno fatto perdere le tracce delle sue origini. Ci basta sapere che il Carasau è consumato secco, o ammorbidito in brodo a confezionare il delizioso pani frattau e che no, qui sull’isola nessuno lo chiama mai carta da musica.

Pane carasau: brebus e preghiere

L’uso vuole che prima di dare inizio al rito del pane venga recitata una preghiera. Hanno tutte un carattere spiccatamente cristiano (in lumen de su Babbu, de su Fizu e de s’Ispiritu Santu. Amen) ma la ripetizione di parole sacre nasconde certamente un uso più antico e ci conferma dell’importanza che aveva il pane nell’economia domestica.

Approfondimenti

Se vuoi approfondire visita il sito Barbaricina, o leggi Pani, un bellissimo libro edito da la Ilisso.

 

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