Riccioli dolci: le tiliccas

Le chiamano in una marea di nomi differenti e non sempre si confezionano alla stessa maniera in tutta l’Isola. Quel che non cambia proprio mai è la delizia e il brivido di piacere che ti attraversa la schiena ogni volta che ne assaggi uno. Se proprio non hai voglia di muovere neanche un ditino passa questa ricetta a tua madre, ad un’amica, a tuo marito e fatti viziare. Se invece non vedevi l’ora di metterti alla prova, semola alla mano, si parte!

Chi

Tiliccas, tiriccas, tericcas, tziliccas, cucciulendi e meli, caschettas, cotzuli, fraones, seddines, panigheddos.

Dove

 In tutta la Sardegna, con varianti nella forma e nel nome.

Quando

 Ognissanti, commemorazione dei defunti, Sant’Antonio Abate, Natale, Pasqua.

Cosa – Per la pasta

  • 1 kg di farina semolata tipo granito
  • 250 gr di strutto
  • acqua tiepida

Cosa – Per il ripieno

  • 250 gr di farina semolata
  • 150 gr di mandorle dolci sgusciate e trittate
  • 1/2 lt di saba
  • 2 arance – la buccia grattugiata

Come

Iniziamo dal ripieno: se non lo hai ancora fatto trita le mandorle e in una ciotola metti la saba di vino, le mandorle, la buccia delle arance grattata, la farina di semola grossa e gira, ottenendo un impasto consistente. A questo punto lascia riposare il composto e prepara la sfoglia. Dopo aver impastato con delicatezza gli ingredienti, stendi o con un mattarello o utilizzando una macchina per stendere la pasta fina. Ritaglia con la rotella dei rettangolini di pasta, riempili con il ripieno (io mi sono aiutata con un cucchiaino) e forma una sorta di anello congiungendo i bordi della pasta. A questo punto non ti resta che infornare a 150 gr per 15 minuti! La Sardegna è servita. A proposito il ripieno si chiama pistiddu!

Leggende e curiosità

A questo punto è probabile che ti sia venuta la curiosità: ma tiliccas che diavolo significa? Non sei né il primo né sarai l’ultimo a porti questa domanda. Hanno provato a dare una risposta in tanti, ma ti ripropongo la soluzione di Giulio Paulis che vede Tiliccas e tutte le sue varianti derivare direttamente da Siliqua con il quale termine si intendeva il frutto della carruba. Il dolce somiglierebbe al frutto nella forma arricciata, nel colore e nel sapore. Su pistiddu infatti è dolce, esattamente come sa essere il frutto di carruba e soprattutto è scuro, esattamente come il frutto. Vuoi approfondire? Leggi l’interessantissimo articolo “I dolci sardi nella storia della lingua e della cultura” di G. Paulis.

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