Ti racconto il mio framentu

Fare il pane con su framentu è un po’ come fare un viaggio: non devi avere fretta, non devi aver altro da fare. E’ il pane a decidere i tempi.

Il lievito madre è qualche cosa di indecifrato e silenzioso, di originario e magico. Si auto genera, si rigenera, da solo è in grado di generare. Il lievito madre in Sardegna è su framentu, sa madrighe, su ghimisone, su pane ‘onu, su prementu sardu. Il lievito madre in Sardegna è donna, è una madre, è una pasta fertile, un legante che garantisce produzione e riproduzione di pane e dunque di vita. In Sardegna il lievito madre è vita.

Queste sono le premesse, che da sole sono servite ad avvicinarmi al rito del pane. A casa nostra il pane lo si comprava. Il panificio dietro casa profumava tutta la via di buono e di festa. Ogni mattina mamma mi dava non ricordo quante monetine e mi mandava a comprare il pane fresco, croccante, custodito da una busta di carta, croccante anch’essa, sulla quale c’era scritto il nome della mia famiglia. Quando era una buona giornata non si comprava solo del pane semplice, ma anche quello che allora era il mio preferito: il morbido, giallo, tenero, infarinato pane di ricotta. Era una delizia.

Lievito madre dunque. In Sardegna non si chiamava nemmeno lievito, e se sessant’anni fa qualcuno avesse parlato di lievito, probabilmente nessuno avrebbe capito a cosa ci si riferiva. Quello che noi conosciamo come lievito madre era piuttosto inteso come un legante, la madre del pane, e in quanto genitrice importante, importantissima. Esistono accuratissime leggende che raccontano de su framentu, de sa madrighe e mescolano semola di grano duro, acqua, janas e usci delle porte chiusi e misteriosi. Mi sono innamorata del lievito madre prima sui libri. I libri però, ad un certo punto non ti bastano più. Ho voluto ripercorrere il ricordo di manualità antiche.

A patto che mi stiano a guardare, le mie antenate devono essere state piuttosto soddisfatte di me. La settimana scorsa mi sono guadagnata il mio primo lievito madre. Proviene dalla zona di Castiadas. A darlo a mia madre ci ha pensato signora Agnese che non so da chi lo abbia ricevuto, ma ritengo sia un lievito piuttosto antico.

Siediti: ora ti racconto il mio framentu.

Chi

Madrighe, Mardighe, Framentu, Frammentu, Prementu Sardu, Pane ‘onu, Ghimisone

Dove

In tutta la Sardegna

Quando

Tutte le volte che si deve fare il pane

Come

Il lievito madre conservato dalla panificazione precedente va risvegliato. Se lo hai tenuto in congelatore è da lasciare fuori almeno per un paio di ore. Lui riprende a lievitare con il caldo e tu sai che è pronto per il risveglio. Noi l’abbiamo risvegliato di notte. Erano le 22.00 circa. Tutto sembrava un po’ magico intorno, un po’ misterioso, e i gesti avevano un sapore di rituale, quasi che, non compiuti esattamente uguali alla volta precedente, il lievito non salga. In una terrina abbiamo messo dell’acqua calda (ma che puoi maneggiare) e abbiamo sciolto il lievito madre. Il liquido è diventato lattiginoso. Aveva un odore pungente e acido. Mia madre l’ha rilavorato con l’aggiunta di semola e io fotografavo, guardavo, rubavo con gli occhi, e speravo. In pochi gesti ha composto un impasto elastico e morbido. Ha cosparso di farina la ciotola, ci ha adagiato il lievito, l’ha coperto con un telo e l’ha lasciato riposare. Ci siamo salutate con il proposito di incontrarci ancora la mattina successiva. Ho pensato per tutta la notte al mio lievito. La mattina seguente ancora intorpidita dal sonno ho sbirciato nella terrina. In casa c’era mamma, io e mia figlia. Una triade di donne che appartengono a tre generazioni diverse. Al lievito deve essere piaciuto perchè durante la notte è cresciuto, notevolmente cresciuto.

Ho postato fieramente la foto su Instagram. “Bello mattuccheddu”, ho pensato con soddisfazione, e abbiamo avviato la panificazione. Fatica, semola, acqua e sale con lievito madre. La giornata si stava facendo piuttosto calda, l’impasto ha apprezzato. Lo abbiamo lasciato riposare per tre ore, dopo averlo coccolato con un po’ di farina e qualche carezza di mia figlia.

L’impasto va protetto, non lo si deve esporre al freddo, alle correnti, all’umido. La lievitazione è una cosa tanto semplice quanto delicata. La lievitazione è una cosa seria oggi, immaginiamo ieri.

Ho sbirciato mille volte l’impasto. Cresceva, cresceva, cresceva. Dopo tre ore non ci stava più nel contenitore. Eravamo tutte e tre piuttosto felici, perchè l’impasto è una cosa viva e non sai mai davvero come possa reagire al tocco delle tue manine. Lo abbiamo diviso in panini più piccoli, che hanno riposato per altre tre ore circa. I tempi del pane non li decidi tu, non sono standard. Se scegli di fare il pane devi avere tempo a disposizione ed essere pronto a gustartelo.

Fare il pane è un po’ come fare un viaggio: non devi avere fretta, non devi aver altro da fare. “E’ il pane a decidere”, come mi ha ripetuto un centinaio di volte mia madre.

Quando ogni pagnotta si è gonfiata quasi del doppio non abbiamo avuto dubbi. “E’ pronto”, mi ha detto mamma. E abbiamo acceso il forno.

Il resto è forno, profumo, sorrisi, foto e prossimi post. Non te lo dimenticare, uno dei panini di pasta lievitata mettilo da parte. Quello è il tuo framentu.

Framentu  nella leggenda

Esistono molte leggende che parlano di lievito e tutte hanno in comune una notevole quantità di dettagli (cosa del tutto insolito per le leggende sarde), il fatto che il lievito sia stato regalato / rubato da / a creature soprannaturali (janas, sabia sibilla), il legame fra fertilità, capacità di riprodursi, e possibilità di utilizzare il lievito.

Una delle più suggestive racconta del lievito, la cui conoscenza era esclusivo dominio della Saggia Sibilla (Sabia Sibilla). Questa insegnava alle bambine l’arte della panificazione, ma mai consentiva loro di maneggiare il lievito madre né tanto meno di portarselo a casa. Un giorno Maria (la mamma di Gesù) decide di rubare del lievito e di portarlo a casa. Dal giorno il segreto del lievito madre è di dominio di tutte le donne.

Altra tradizione leggendaria vuole che le janas tutte le volte che avevano necessità di panificare, chiedevano il lievito alle donne di malomondo (insomma del nostro mondo). Queste lo prestavano con piacere alle janas, che immediatamente dopo aver panificato lo restituivano.

Questo ci porta immancabilmente a parlare dei divieti che gravitano intorno al lievito madre. Ce ne sono parecchi, ma quello più ricorrente è senza dubbio questo: chi dispone di lievito madre deve condividerlo. La mancata condivisione del lievito madre può causare la morte dell’avara, la disgrazia di una famiglia benestante o addirittura la distruzione di un villaggio.

Fra i divieti più affascinanti c’è quello di non mostrare mai il lievito madre alla luna, ma questa è un’altra storia. Ne parleremo più diffusamente su www.claudiazedda.it

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